Era il 1995, i capelli un po’ meno bianchi di oggi, la montatura degli occhiali pressoché la stessa, fina e leggera, ad abbozzare una patina evanescente da cui scrutare il mondo.
E ne ha viste di stagioni da dietro quelle lenti. Ne ha viste di generazioni accavallarsi e dileguarsi sotto il suo sguardo attento e pensieroso.
Arturo Mascio ha iniziato insieme alla PlayStation e ai telefoni cellulari, con cui ancora oggi non va molto d’accordo.
Ma mentre questi si sono evoluti al punto da rimescolare il confine tra l’utile e il nocivo, lui è rimasto sempre lo stesso.
I capelli sono più bianchi, l’esperienza lo ha fatto allenatore di serie B, ma tutto quello che sta al di qua degli occhiali è rimasto immune.
Arturo ha iniziato ad essere Arturo nel 1995, sul tappeto di linoleum rosso che tutti quelli che si allenano oggi in palestra non solo non hanno mai calpestato, ma non hanno neppure la fantasia di immaginare.
Arturo è diventato Arturo quando ha scelto di fare la sola cosa che da giocatore non avrebbe mai pensato di fare: allenare. Chiunque a Venafro, che sia passato per una stagione o per cinque minuti nel palazzetto, è stato allenato almeno una volta da lui.
Arturo la Basket Venafro l’ha personificata al punto da scucirle il nome di dosso e piazzarselo dritto sul petto.
Perché per quanto la Basket Venafro possa essere più grande di tutti quelli che la vestono, ci sono alcune persone che, più degli altri, ne rappresentano l’anima.
Se la cospargono addosso come carne e ci vivono in simbiosi tutta la vita.
Questa potrà sembrare la cosa più bella del mondo oppure soltanto la più sbagliata, dipende dalle priorità che ognuno si dà.
E tra le priorità di Arturo, in cima a tutto, c’è sempre stata la Basket Venafro.
Sempre. Quando le cose andavano bene e quando hanno iniziato ad andare male.
Quando l’unico campionato che potevamo sognare era la serie D molisana e quando, una vita dopo, abbiamo fissato il record di vittorie in serie B.
Ci ha visto giornate bellissime e giornate buie da dietro le sue lenti, annate meravigliose e finali amari, imprese impossibili che diventano possibili, sorrisi, rabbia, lacrime, gioie. Ma al di qua degli occhiali lui è rimasto sempre uguale, paziente e con il gialloblù come inchiostro nelle vene.
Intrappolare la sua storia nella parola “carriera” sarebbe sviante. La sua è stata una vocazione, un giuramento, una strofa di una canzone di Bryan Adams.
“I promise you – all my life I will live for you – we will make it through
Forever – we will be togheter – you and me”.
Dopo 23 anni il capo allenatore non sarà più lui e a più di qualcuno questa cosa potrà sembrare strana.
Cambia tutto, ma in fondo non cambia niente.
Perché su quello stesso tappeto di linoleum rosso Francesco ci giocava e ci ha toccato i suoi primi palloni.
Perché la passione si eredita e si coltiva di continuo e quella di Arturo è contagiosa e fa venire voglia di fare.
E perché poi la Basket Venafro sta sempre là.
Lascia un commento
Occorre aver fatto il login per inviare un commento